La storia si ripete gli avvenimenti si susseguono di volta in volta con una precisione sbalorditiva. Quello che sta accadendo a noi ora sembra essere l’effetto del déjà vu, solo le scale sono diverse.
La peste a Mosca
L’epidemia di peste negli anni 1770-1772 fu l’ultima di questa malattia in Europa, che arrivò a Mosca attraverso l’Ucraina e la Moldavia durante una delle campagne russo-turche, causando una terrificante mortalità in città, anarchia, panico e sommossa.
Ribellione pestilenziale a Mosca ebbe luogo dal 15 al 17 settembre nel 1771.
I primi contagi
La peste si diffuse a Mosca insieme ai soldati di ritorno dalla guerra russo-turca, così come attraverso bottini di guerra e merci. C’è da ricordare che nel XVIII secolo la capitale della Russia era San Pietroburgo.
Nel novembre 1770 all’ospedale generale di Mosca morì un ufficiale recentemente tornato dalla guerra, subito dopo morì anche il suo medico curante. Successivamente di peste morirono 22 persone delle 27 che si trovavano in ospedale.
Il medico primario Afanasy Shafonskij fu il primo a diagnosticare una “pestilenza” e lo riferì alle autorità.
Il secondo grande focolaio di diffusione della malattia fu la Grande manifattura del tessuto a Zamoskvorechye, un quartiere storico a Mosca, situato sul lato opposto del fiume Mosca dove si trova il Cremlino. Dal 1 al 9 marzo 1771, in fabbrica morirono 130 persone. Dopo di che, la manifattura fu chiusa, e gli operai furono trasferiti fuori città, dove attorno a Mosca furono messi in quarantena.
Inizialmente, il governo assicurava i residenti che la malattia non era così pericolosa, ma dopo il secondo scoppio dell’infezione, il comandante di Mosca in capo Peter Saltykov informò l’imperatrice Caterina II della comparsa a Mosca di una pericolosa malattia.
Le misure preventive furono prese troppo tardi. L’approntamento degli edifici di quarantena non furono fatti a causa della sfiducia della popolazione negli ospedali e nei medici, che erano per la maggior parte stranieri. La gente credeva che nessuno di quelli messi in quarantena rimanesse vivo.
L’epidemia
La peste colpiva principalmente la gente povera, i lavoratori delle fabbriche e delle manifatture vivevano in questi insediamenti, assembrati, e in condizioni insalubri.
La situazione a Mosca della metà del XVIII secolo contribuì anche alla diffusione della mortale malattia: spazzatura e immondizie non venivano asportate, ma gettate nelle strade e sgrondate nei ruscelli e fiumi.
Il picco dell’epidemia si è verificò tra il luglio e il novembre 1771. Più di mille persone morirono ogni giorno. I cadaveri venivano gettati in strada o segretamente sepolti in giardini, orti o scantinati.
Le autorità di Mosca non uscivano dalle loro case oppure scappavano da Mosca. Dopo la partenza dei funzionari, la direzione della città passò al tenente generale Peter Eropkin. Il suo compito principale era quello di frenare l’epidemia, in modo che la peste non potesse raggiungere la capitale, che non arrivasse a San Pietroburgo. Eropkin ordinò di non far entrare o uscire nessuno da Mosca.
Su ordine di Caterina II, nel 1772, fu costituita una commissione per studiare le cause della diffusione della peste a Mosca, così come lo sviluppo di misure per combatterla. Tra le prescrizioni c’era l’isolamento forzato di persone affette da peste e con sintomi simili.
Si tenevano in quarantena dai 20 ai 40 giorni, tuttavia, senza molta supervisione.
Gli effetti personali dei morti di peste furono bruciati. Questo lavoro fu affidato ai mortus (dal latino mortuus), i detenuti vestiti in abiti impregnati di catrame con buchi per gli occhi e la bocca, raccoglievano i morti con ganci speciali.
A Mosca regnava il panico, i cadaveri giacevano per le strade. La polizia non aveva abbastanza mezzi di trasporto per l’asportazione dei malati e dei morti. Tra la popolazione che soffriva di peste, fame, disoccupazione, apparvero appelli alla ribellione.
Ribellione pestilenziale
I primi focolai di malcontento di massa iniziarono il 29 agosto e il 1 settembre a Lefortovo, quartiere storico nella parte sud-est di Mosca.
La gente credeva che l’icona della Madre di Dio di Bogoliubov fosse miracolosa, si credeva che l’icona avrebbe protetto dalla peste. Una replica dell’icona dai tempi di Pietro I si trovava sopra la Porta Barbarica del Kitaj-gorod (Cina-città), un quartiere storico dei mercanti di Mosca.
Una marea di persone iniziarono a precipitarsi alla Porta Barbarica per pregare e portare le donazioni.
L’arcivescovo di Mosca Ambrogio, rendendosi conto che l’accumulo di persone contribuiva alla diffusione dell’infezione, proibì le preghiere e ordinò che l’icona venisse rimossa. I soldi donati furono sigillati perché potevano essere fonte di infezione. Ma i credenti decisero che l’arcivescovo si fosse preso le donazioni.
Il 15 settembre 1771 iniziarono i pogrom (devastazione). Diverse migliaia di persone, armate di clave, mannaie, pietre e pali, irruppero nel Monastero Čudov al Cremlino e lo saccheggiarono.
Il giorno dopo, più persone ribelli uscirono per le strade di Mosca. Alcuni di loro si spostarono verso il monastero Donskoy, presso il quale si rifugiò l’arcivescovo. Dopo che il monastero fu preso d’assalto, la folla trovò Ambrogio e lo uccise brutalmente.
Un’altra parte della folla andò a distruggere gli isolamenti di quarantena e gli ospedali. In uno degli ospedali, i ribelli attaccarono il famoso dottore e fondatore dell’epidemiologia russa Danilo Samoilovič, ma lui si salvò miracolosamente dai ribelli.
Nello stesso giorno, il 16 settembre Eropkin introdusse le truppe armate in città. La cavalleria abbattè i ribelli che rimasero all’interno del Cremlino. Dopo tre giorni di combattimenti, la ribellione fu soppressa. Secondo i dati di allora furono uccise circa 100 persone.
Il generale Eropkin inviò a Caterina II un rapporto, chiedendo perdono per lo spargimento di sangue a Mosca e la richiesta di accettare le sue dimissioni dall’incarico. In risposta l’imperatrice mandò al generale l’accettazione delle sue dimissioni ma senza data, dandogli cosi’ l’opportunità di decidere. Infatti, al posto di punirlo, lo premiò con 20 mila rubli (l’equivalente di 15 000 euro di oggi). Con quei fondi in quei tempi sarebbe stato possibile acquistare 56 cavalli di razza araba oppure 16 case in Kitaj-gorod, nel quartiere più ricco di Mosca.
Misure contenitive dopo la sommossa
Dopo la repressione della rivolta per ripristinare l’ordine, il governo inviò a Mosca quattro reggimenti di guardia sotto il comando di Grigorij Orlov, era Generale e statista russo, favorito dell’imperatrice Caterina II. Per condurre le indagini e i processi contro i ribelli, da San Pietroburgo arrivò una commissione generale. A Mosca iniziarono le incursioni e gli arresti.
Per ordine dell’imperatrice rimossero la lingua della campana d’allarme Spasskij sulla Torre campanaria per impedire nuovi tentativi di sommossa. I ribelli usavano la campana per riunire le persone nelle strade e nelle piazze. La campana fu rimossa, ora è conservata nel museo d’Armeria del Cremlino dal 1821.Come l’Intervento di Orlov salvò Mosca
Il conte Orlov elaborò un piano di misure per sopprimere l’epidemia e pose ai dottori le seguenti domande:
- Come avviene l’infezione, per via aerea o dal contatto con l’infetto?
- Quali sono le misure preventive contro la malattia?
- Quali sono i modi per trattare l’infezione?
Per combattere l’epidemia, Orlov ordinò l’apertura di nuove quarantene, la costituzione di ospedali specializzati per le malattie infettive, un aumento del numero di ospedali di medicina generale e un aumento degli stipendi per i medici.
La città fu divisa in 27 zone, dove su ognuna fu effettuata la contabilità e l’isolamento dei pazienti, così come l’esportazione dei morti. In caso di dimissione dalla quarantena fu offerto supporto economico. Agli uomini davano 15 copechi (l’equivalente di 1 euro di adesso) per ogni giorno di permanenza in quarantena, alle donne veniva dato 10 copechi.
Agli uomini sposati che venivano dimessi dall’ospedale veniva versata la somma di 10 rubli (circa 70 euro), ad un celibe invece 5 rubli.
Questa misura diventò il modo più efficace per far rispettare i divieti più severi, e per attrarre le persone in quarantena, e cosi’ combattere la peste. A proposito, lo stipendio mensile di un lavoratore era di 15 rubli.
Comunque l’epidemia servì a migliorare la situazione sanitaria ed epidemiologica a Mosca: furono aperti nuovi bagni (terme), le piazze furono liberate dalle vecchie costruzioni, le strade furono pulite, le case furono disinfettate e gli animali randagi furono eliminati.
Orlov personalmente visitava le strutture ospedaliere controllando la qualità del trattamento dei pazienti.
Man mano che la vita lavorativa della città riprendeva, tornarono le consegne di cibo ed acqua potabile. Nell’inverno l’epidemia di peste andò in declino: nel primo mese a Settembre di questa malattia morirono circa 21.500 persone, nel mese di ottobre — 17.500, novembre — 5.200, e nel mese di dicembre — 805 persone.
Viva Orlov!
Le azioni di Orlov per combattere l’epidemia e ristabilire l’ordine a Mosca furono molto apprezzate e premiate dall’imperatrice. In suo onore avrebbe organizzata una grande festa presso il palazzo di Caterina a Tsarskoe Selò. Nel parco di Caterina fu eretto l’arco di trionfo di marmo (Porta di Orlov) con la scritta “Orlov salvò Mosca dai guai”, progettata dall’architetto napoletano Antonio Rinaldi che lavorò per tanti anni a San Pietroburgo.
Ad Grigorij Orlov, gli fu assegnata anche una medaglia sulla quale vi era una iscrizione: “La Russia ha dei grandi figli” e “Per la liberazione di Mosca dalla peste nel 1771”. Orlov personalmente poté decidere chi disegnare con queste medaglie.
Oltre 300 ribelli furono messi sotto processo. I quattro iniziatori dell’omicidio dell’arcivescovo Ambrogio furono impiccati. Circa 200 partecipanti furono frustati e mandati ai lavori forzati.